Due poesie lette da Maurizio Cucchi

C’è un grumo d’affanno

Benedetta Saglietti lavora su un verso breve (anche troppo, a volte) con buoni effetti di concisione e toni forse ancora a tratti legati alla lontana tradizione ermetica.

«Il solvente non dissolve / un grumo rappreso, / disseccato, d’affanno» (Trenodia).

Efficace, in ogni caso, la fisicità sempre presente, a volte con tratti di un’energia espressiva, di voluta sgradevolezza, che riesce a sorprendere davvero positivamente:

«Grassi / vermi / indisturbati dormono / saporiti sonni / nel silente tepore del / corpo. /// Il verde splendente dell’erba / è l’opera del verme» (Prato).

Maurizio Cucchi, La Stampa, Tuttolibri, 8 febbraio 2008

Occhio: troppo a capo è troppo

Benedetta Saglietti ha un dire, a sua volta, molto scandito e razionale e descrive (andando troppo, troppo a capo) con paradossale ed efficace lucidità scientifica:

«Stilla / scintille / luminosamente / la tua pelle. //

Usurpa / inaspettatamente / tutto / un vuoto d’aria. / Conosco / i tre ritmi / del tuo respiro: / acefalo / tronco / sincopato. //

Lo regoli / con solerzia, / ti tradisce / l’istinto. // Involontario / grido / di branchia di pesce. / […] / Ogni / ricchezza / chiede / il confronto / col vuoto»

(da L’oscillatore armonico).

Maurizio Cucchi, La Stampa, 22 settembre 2006

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