C’è un grumo d’affanno
Benedetta Saglietti lavora su un verso breve (anche troppo, a volte) con buoni effetti di concisione e toni forse ancora a tratti legati alla lontana tradizione ermetica.
«Il solvente non dissolve / un grumo rappreso, / disseccato, d’affanno» (Trenodia).
Efficace, in ogni caso, la fisicità sempre presente, a volte con tratti di un’energia espressiva, di voluta sgradevolezza, che riesce a sorprendere davvero positivamente:
«Grassi / vermi / indisturbati dormono / saporiti sonni / nel silente tepore del / corpo. /// Il verde splendente dell’erba / è l’opera del verme» (Prato).
Maurizio Cucchi, La Stampa, Tuttolibri, 8 febbraio 2008
Occhio: troppo a capo è troppo
Benedetta Saglietti ha un dire, a sua volta, molto scandito e razionale e descrive (andando troppo, troppo a capo) con paradossale ed efficace lucidità scientifica:
«Stilla / scintille / luminosamente / la tua pelle. //
Usurpa / inaspettatamente / tutto / un vuoto d’aria. / Conosco / i tre ritmi / del tuo respiro: / acefalo / tronco / sincopato. //
Lo regoli / con solerzia, / ti tradisce / l’istinto. // Involontario / grido / di branchia di pesce. / […] / Ogni / ricchezza / chiede / il confronto / col vuoto»
(da L’oscillatore armonico).