Confesso di aver sempre avuto il desiderio di assistere a una serata futurista e di essere partita ben disposta nei confronti dello spettacolo ravennate “Uccidiamo il chiaro di luna”.

La sfida mi sembrava ardua: reggerà il futurismo al passare del tempo? L’ode alla guerra, in tempi così difficili? L’esaltazione della tecnica, ora che nel progresso ci viviamo? O, ancor meglio, i roboanti proclami – cui siamo abituati – dei manifesti futuristi, manterranno sulla scena le promesse altisonanti declamate sulla carta? A dare un’occhiata furtiva alla locandina (Marinetti, Russolo, Balla, Depero, Severini, Tullio Crali) s’intuiva che, comunque fosse andata, erano stati “arruolati” tutti quelli che contavano, prendendo a prestito il meglio del movimento dai suoi esponenti, più o meno celebri e bravi, più o meno di primo piano.
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