Il compositore Rosario Scalero torna italiano

Rosario Scalero ebbe una vita che sembra un film. Figlio dei servitori della famiglia reale, viveva nel castello di Moncalieri. Violinista, scoprì precocemente il suo talento per la musica, debuttò a Torino col Concerto di Beethoven al mitico Teatro Scribe (poi Teatro di Torino).

Prese il treno, andò da Camillo Sivori (unico allievo di Paganini) a Genova, si fece ascoltare.

Sivori gli disse: “Viaggia, per lo meno in Europa”. Scalero debuttò quindi a Londra, poi si stabilì a Lione, e sotto consiglio di Leone Sinigaglia poi a Vienna.

Una bella rivincita se la prese con i castelli: nel 1929 Scalero acquistò quello di Montestrutto (a Settimo Vittone, nel Canavese settentrionale, provincia di Torino), un edificio ricostruito agli inizi del secolo in stile gotico.

Ma questo fu solo l’inizio di una lunga carriera che lo vide collaborare con, tra gli altri, Alfredo Casella e Toscanini, per andarsene infine in America. Tra i suoi allievi più celebri si contano Menotti, Samuel Barber e Nino Rota.

Oggi l’Archivio Scalero è stato acquisito interamente dall’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte di Torino, il cui Centro di ricerca e documentazione ha sede a Saluzzo. Un processo avviato nel 2005 con il deposito presso la Biblioteca dell’Istituto del materiale prima conservato al castello di Montestrutto e conclusosi con la donazione del fondo “Monique Arnoldi de Ruette”, precedentemente conservato in Quebec.

Un archivio di centinaia di lettere, fotografie, partiture autografe appartenute al compositore nato a Moncalieri.

Un archivio, finalmente riunito, ricco di storie: del tempo in cui, tra i boschi del Canavese, si davano appuntamento i compositori che avrebbero fatto ricco il Novecento o, ancora, quando sul piroscafo dei migranti italiani diretti in America ci si poteva imbattere nel leggendario tenore Enrico Caruso.

Tra i prossimi appuntamenti: il Convegno in collaborazione con il Conservatorio “G.Verdi” di Torino l’11 e 12 giugno 2020 e con un concerto del Trio Il Furibondo su musiche di Rosario Scalero e dei suoi allievi Clermont Pépin e Riccardo Luciani.

From Library of Congress: https://www.loc.gov/pictures/item/2014709493/

Legato all’anniversario del 150esimo della nascita è il Concerto di Natale dedicato a Scalero e ai compositori canavesani, a cura di Antonio e Lee Mosca, in programma domenica 22 dicembre 2019 a Montestrutto.

Il violino di Scalero risuonerà ancora nelle sale del castello neogotico: lo strumento fu lasciato ai suoi eredi e da questi ai coniugi Mosca, vicini all’ultima discendente Monique de Ruette Arnoldi. In occasione dell’anniversario il prezioso strumento sarà donato al Conservatorio Verdi di Torino.

L’amore – non ricambiato – per l’Italia rimase però sempre vivo in Scalero che nel 1932 propose a Torino, con il concorso dell’Orchestra Sinfonica dell’E.I.A.R. (ora RAI), il suo poema sinfonico La Divina Foresta. Ebbe purtroppo una tiepida accoglienza, ben lontana da quello straordinario successo che la stessa composizione avrà a Philadelphia nel 1940. Nemo propheta in patria!

Solo quando i suoi allievi cominciarono a farsi strada nel mondo, Scalero iniziò a essere celebrato: più come maestro che come compositore.

Una prima riscoperta della sua figura si deve a Chiara Marola, violinista eporediese che scoprì per caso l’archivio del castello di Montestrutto, stringendo amicizia con l’allora proprietaria. Grazie al suo impegno oggi l’intero patrimonio documentario del compositore è finalmente consultabile a Saluzzo.

Il Teatro di Torino di Riccardo Gualino (1925-1930). Studi e documenti.

Teatro di Torino copertinaStefano Baldi, Nicoletta Betta, Cristina Trinchero,

Il Teatro di Torino di Riccardo Gualino (1925-1930). Studi e documenti.

LIM, Lucca 2013, € 30, pp. XV + 201, con DVD allegato

C’era veramente bisogno che qualcuno rendesse onore al Teatro di Torino, già Teatro Francese o Scribe, i cui resti, spiaggiati come un’enorme conchiglia vuota in via Verdi, a fianco della Mole Antonelliana, gridano vendetta. (Peraltro l’ingresso con l’originaria scritta “Teatro di Torino”, un tempo intravedibile sul fianco destro della foto a sinistra, è oggi coperta da un cartellone pubblicitario della Rai e del tutto invisibile).

Teatro di Torino

Voluto dall’industriale piemontese Riccardo Gualino (la cui collezione d’arte è in parte custodita alla Galleria Sabauda), il Teatro conobbe sei stagioni di vita (1925-1930). Bombardato nel 1942, ne restò in piedi la sola facciata, seguì l’oblio.

Felice Casorati – Ritratto di Riccardo Gualino, 1922 – Collezione privata
Felice Casorati – Ritratto di Riccardo Gualino, 1922 – Collezione privata

La ricostruzione della memoria storica di questo Teatro è stata estremamente problematica, per molte ragioni, tra cui la mancanza di un archivio amministrativo, fino a quando alcuni studiosi nel 2008 hanno voluto fare il punto della situazione grazie a un progetto finanziato dalla Fondazione CRT e dall’Università di Torino. Tali ricerche sono state divulgate a Torino nel settembre/ottobre 2012 con una bella mostra, in tre diverse sedi, e un convegno.

Il presente volume, che si segnala per l’ottima cura editoriale, appare nella collana dell’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte, e raccoglie gli esiti del progetto 2008 (ma non gli atti del convegno 2012), incentrato su alcuni macro-temi: dal suo fondatore, il cui profilo è tracciato da Cristina Trinchero, alla storia complessiva (fondazione, progetto, organizzazione) delineata da Stefano Baldi, alla tournée parigina al Théâtre des Champs-Élysées studiata dalla Trinchero. Nicoletta Betta ricostruisce per la prima volta nella sua interezza la proposta artistica – che comprendeva prosa, danza, letture poetiche, musiche folk, jazz, spiritual, cinema d’avanguardia -, insieme a quella musicale e alla notevole recezione sulla stampa dell’epoca (275 testate rintracciate), un interesse suscitato dall’innovazione dei programmi, ma dovuto anche ai contatti internazionali del direttore artistico Guido M. Gatti.

Due sono le ricostruzioni: quella della storia architettonica dell’edificio a cura di Rossella Riu (Politecnico di Torino) e quella virtuale (anche nel DVD) dell’Alceste di Gluck, opera andata in scena al Teatro di Torino nel 1926 sotto la direzione di Vittorio Gui.

Non è solo l’oggetto a essere degno di nota – certamente lo è, anche se il fascino emanato dalla rovina, situata in mezzo alla città come un enorme punto di domanda, deve aver raggiunto e contagiato con facilità i vicini Dipartimenti universitari in cui è nata l’idea del progetto – ma il modo in cui questo tema è stato affrontato senza esclusioni di colpi. Gli sforzi congiunti dei tre curatori, oltre ad Amelia Margiotta che ha studiato, catalogato e inventariato l’archivio “Guido Maggiorino Gatti” e il sub-fondo “Marco Fini” dell’Università di Torino, hanno condotto a documentare tutto il documentabile: tale imponente lavoro non traspare soltanto dal testo, ma è anche consultabile nell’allegato DVD – che funziona solo col browser Mozilla Firefox – progettato da Enrica Caprioglio. Esso comprende tra l’altro la rassegna stampa, una bibliografia commentata e la descrizione bibliografica dei programmi di sala in pdf, sette gallerie fotografiche e un database contenente la cronologia degli spettacoli, ognuno dei quali riporta il cast completo, il programma di sala scannerizzato e gli echi nelle cronache italiane e straniere coeve. Gli aggiornamenti si trovano su www.teatrotorino.unito.it

Benedetta Saglietti

Il Giornale della musica, dicembre 2014