Il Teatro di Torino di Riccardo Gualino (1925-1930). Studi e documenti.

Teatro di Torino copertinaStefano Baldi, Nicoletta Betta, Cristina Trinchero,

Il Teatro di Torino di Riccardo Gualino (1925-1930). Studi e documenti.

LIM, Lucca 2013, € 30, pp. XV + 201, con DVD allegato

C’era veramente bisogno che qualcuno rendesse onore al Teatro di Torino, già Teatro Francese o Scribe, i cui resti, spiaggiati come un’enorme conchiglia vuota in via Verdi, a fianco della Mole Antonelliana, gridano vendetta. (Peraltro l’ingresso con l’originaria scritta “Teatro di Torino”, un tempo intravedibile sul fianco destro della foto a sinistra, è oggi coperta da un cartellone pubblicitario della Rai e del tutto invisibile).

Teatro di Torino

Voluto dall’industriale piemontese Riccardo Gualino (la cui collezione d’arte è in parte custodita alla Galleria Sabauda), il Teatro conobbe sei stagioni di vita (1925-1930). Bombardato nel 1942, ne restò in piedi la sola facciata, seguì l’oblio.

Felice Casorati – Ritratto di Riccardo Gualino, 1922 – Collezione privata
Felice Casorati – Ritratto di Riccardo Gualino, 1922 – Collezione privata

La ricostruzione della memoria storica di questo Teatro è stata estremamente problematica, per molte ragioni, tra cui la mancanza di un archivio amministrativo, fino a quando alcuni studiosi nel 2008 hanno voluto fare il punto della situazione grazie a un progetto finanziato dalla Fondazione CRT e dall’Università di Torino. Tali ricerche sono state divulgate a Torino nel settembre/ottobre 2012 con una bella mostra, in tre diverse sedi, e un convegno.

Il presente volume, che si segnala per l’ottima cura editoriale, appare nella collana dell’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte, e raccoglie gli esiti del progetto 2008 (ma non gli atti del convegno 2012), incentrato su alcuni macro-temi: dal suo fondatore, il cui profilo è tracciato da Cristina Trinchero, alla storia complessiva (fondazione, progetto, organizzazione) delineata da Stefano Baldi, alla tournée parigina al Théâtre des Champs-Élysées studiata dalla Trinchero. Nicoletta Betta ricostruisce per la prima volta nella sua interezza la proposta artistica – che comprendeva prosa, danza, letture poetiche, musiche folk, jazz, spiritual, cinema d’avanguardia -, insieme a quella musicale e alla notevole recezione sulla stampa dell’epoca (275 testate rintracciate), un interesse suscitato dall’innovazione dei programmi, ma dovuto anche ai contatti internazionali del direttore artistico Guido M. Gatti.

Due sono le ricostruzioni: quella della storia architettonica dell’edificio a cura di Rossella Riu (Politecnico di Torino) e quella virtuale (anche nel DVD) dell’Alceste di Gluck, opera andata in scena al Teatro di Torino nel 1926 sotto la direzione di Vittorio Gui.

Non è solo l’oggetto a essere degno di nota – certamente lo è, anche se il fascino emanato dalla rovina, situata in mezzo alla città come un enorme punto di domanda, deve aver raggiunto e contagiato con facilità i vicini Dipartimenti universitari in cui è nata l’idea del progetto – ma il modo in cui questo tema è stato affrontato senza esclusioni di colpi. Gli sforzi congiunti dei tre curatori, oltre ad Amelia Margiotta che ha studiato, catalogato e inventariato l’archivio “Guido Maggiorino Gatti” e il sub-fondo “Marco Fini” dell’Università di Torino, hanno condotto a documentare tutto il documentabile: tale imponente lavoro non traspare soltanto dal testo, ma è anche consultabile nell’allegato DVD – che funziona solo col browser Mozilla Firefox – progettato da Enrica Caprioglio. Esso comprende tra l’altro la rassegna stampa, una bibliografia commentata e la descrizione bibliografica dei programmi di sala in pdf, sette gallerie fotografiche e un database contenente la cronologia degli spettacoli, ognuno dei quali riporta il cast completo, il programma di sala scannerizzato e gli echi nelle cronache italiane e straniere coeve. Gli aggiornamenti si trovano su www.teatrotorino.unito.it

Benedetta Saglietti

Il Giornale della musica, dicembre 2014

Romualdo Giani (1868-1931)

Romualdo Giani (1868-1931). La vita, il fondo musicale, le collaborazioni musicologiche e gli interessi letterari. Città di Pinerolo, Scopriamo le carte 12, a cura di Paolo Cavallo. Saggi di Gianpiero Casagrande, Stefano Baldi, Nicoletta Betta, Paolo Cavallo, Chiara Fenoglio, Andrea Balbo; in appendice bibliografia degli scritti.

In occasione della mostra documentaria tenutasi presso la Biblioteca Civica “Camillo Alliaudi” di Pinerolo inaugurata il 3 dicembre dello scorso anno è stato dato alle stampe un volume miscellaneo per approfondire la figura dell’avvocato torinese Romualdo Giani (1868-1931), che risulta ben contestualizzata nel panorama intellettuale dell’epoca.

I saggi di Gianpiero Casagrande e di Paolo Cavallo delineano l’uno le edizioni antiche del fondo Giani, mentre l’altro traccia la storia del fondo dalla donazione, avvenuta nel 1931, individuandone superfetazioni e depauperamenti (da un totale iniziale di duemilatrecentoottanta volumi) e rintracciando, probabilmente, nella vicinanza alla casa di villeggiatura estiva di Giani a Malanaggio la scelta di legare proprio a questa biblioteca il suo patrimonio, costituito da libri e periodici.

Si è definito Giani avvocato, qual era in effetti la sua professione, ma i più al sentirne pronunciare il nome lo ricondurranno alla sfera musicale. In effetti, Giani fu colui che per trentacinque anni, a partire dal 1894, delineò la «fisionomia critica e metodologica» (p. 27) della celebre «Rivista Musicale Italiana» nata a Torino per volontà di Giuseppe Bocca. È il saggio di Nicoletta Betta ad illustrare con sicurezza il ruolo di Giani nella Rivista, di cui egli fu vero e proprio ideologo, e alla quale diede un approccio positivistico, tenendo sempre una linea fieramente anticrociana. La  peculiarità della «Rivista Musicale Italiana», poco attenta all’attualità musicale, preparò il terreno alla nascita nel 1920 de «Il Pianoforte», divenuto poi «La Rassegna Musicale» nel 1928, alla cui testa vi era Guido M. Gatti, il cui obiettivo era occuparsi della musica europea contemporanea, con un occhio di riguardo verso i giovani compositori. Sulle due testate si consumavano dunque gli scontri tra Giani e i suoi più famosi avversari, Andrea Della Corte e Guido Pannain, anche se lo stesso Gatti evitava di schierarsi offrendo la sua rivista come «“terreno neutro” sul quale (…) si confrontavano opinioni» (p. 30).

Più sorprendente la puntualizzazione del ruolo di Giani condotta da Stefano Baldi, dal cui intervento scopriamo infatti che gli unici brani di musica recensiti da Giani furono le Tre salmodie su fioretti di San Francesco per voce e pianoforte (1926) di Ludovico Rocca e la Tarantella per pianoforte di Pannain (1927), il quale pertanto appare «molto più attivo come studioso di estetica musicale e di metrica, e in una prospettiva teorica, piuttosto che non calato nel fatto musicale» (p. 24); alla sua opera Gli spiriti della musica nella tragedia greca, Milano, Bottega di poesia 1924, è dedicato anche un apposito paragrafo da Andrea Balbo.

I rapporti con i musicisti contemporanei furono limitati ad alcune personalità, probabilmente per la necessità di solitudine creativa che Giani diceva di bramare ardentemente; tra queste ricordiamo Boito, di cui Giani aveva nel 1901 appassionatamente difeso il libretto del Nerone, anche se la musica gli apparve poi deludente, e Pizzetti, di cui apprezzò alcuni scritti, ma molto meno le composizioni (forse anche a causa del risentimento dovuto al rifiuto di questi di musicare il suo libretto Esther, apparso nel 1920). E proprio questo compositore-librettista sembra costituire una cesura, difatti «all’inizio degli anni Venti può esser fatta risalire la divaricazione tra la cerchia di Giani e di Bocca e la nuova generazione, che stava invece riconoscendo in Pizzetti uno dei realizzatori del dramma musicale italiano moderno» (p. 16). A se stante, invece, il rapporto d’elezione che Giani ebbe con Giorgio Federico Ghedini, di quasi trent’anni più giovane, per il quale fu una sorta di mentore (Ghedini scrisse di dovere la sua formazione estetica a Giani). Non solo, tra i due si ebbe anche una collaborazione musicale: Giani scrisse l’atto unico L’intrusa (1920) musicato poi da Ghedini, ma mai rappresentato in teatro, la cui partitura si conserva al Conservatorio di Torino.

Infine, per quel che riguarda la produzione letteraria Chiara Fenoglio focalizza il suo lavoro su L’estetica nei “Pensieri” di Giacomo Leopardi, testo del 1904, dato alle stampe da Bocca, mentre Andrea Balbo ripercorre gli studi musicologici di Giani incentrati sulla musica greca, romana e cristina e il suo rapporto con la metrica e il teatro greco.  Difficile valutare il suo contributo originale in questo campo, (Balbo lo definisce «uno studioso dilettante di talento, profondamente competente in questioni musicali, appassionato lettore di tragedia greca e dotato di una prosa vivacissima, ricca di lussureggianti espressioni quasi in stile floreale); basti dire che Augusto Rostagni si augurava che l’opera di Giani fosse studiata, facendo notare che «chi lo ha conosciuto soltanto attraverso gli scritti, non immaginerebbe ch’egli non era filologo di professione, ma avvocato».

L’8 dicembre 2010 a conclusione della mostra documentaria si è tenuto un concerto con le musiche dal fondo Giani (soprano Giovanna De Liso, violino Livia Alexandra Hagiu, pianoforte Stefania Salvai).

«Studi Piemontesi», Centro Studi Piemontesi Torino, giugno 2011, XL, 1, pp. 297-8 ISSN 0 392-7261