Un Beethoven nuovo sul lago Michigan

Dell’International Beethoven Project, il cui primo festival si è tenuto a Chicago dal 14 al 18 settembre 2011, sorprende il desiderio senza confini di far convergere in un’unica sede più forme d’arte che ruotino attorno al compositore di Bonn.

Soddisfatto è il musicofilo esigente che ascolta: il Quartetto con pianoforte WoO 36 n. 3, la Sonata “Kreutzer” eseguita prima nella versione tradizionale, poi nella trascrizione per quintetto d’archi, i rarissimi Preludi per pianoforte in tutte le tonalità, la Grande Fuga nella versione per per pianoforte a quattro mani.

L’appassionato è incuriosito dall’Eroica e dalla Pastorale arrangiate per rock band (Reed Mathis of Tea Leaf Green & his Band).

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Oltre a una masterclass, due focus: Beethoven Today, mette in luce l’influsso e l’eredità beethoveniana nella musica contemporanea; il Bagatelle Project, un ciclo di venti nuove bagatelle composte sull’Inno alla gioia, interpretate da tre pianisti. Non solo uno spaccato dell’opera di Beethoven, ma anche il suo rapporto con altri compositori, e approfondimenti su tanti diversi generi.

Oltre alla musica, c’è di più: da un lato la commissione a dodici artisti contemporanei di nuove interpretazioni figurative dell’immagine di Beethoven – esposte nell’affascinante Chicago Urban Art Society, uno spazio post-industriale con una buona acustica, sede temporanea del festival per quest’anno -, dall’altro una tavola rotonda sull’iconografia del compositore, declinata nelle sue più diverse sfaccettature (James Green), dall’art nouveau (Alessandra Comini) all’interazione tra i ritratti tradizionali di Beethoven e quelli realizzati per il festival (Benedetta Saglietti –> piccolo momento pubblicità).

Ma, soprattutto, l’atmosfera rilassata di chi fa musica tra amici.

Ecco cosa mi ha raccontato il direttore artistico franco-americano, nonché pianista, George Lepauw.

A very beethovenian fan

Com’è cominciato tutto?

Da sempre amo profondamente e ammiro Beethoven e la sua musica. Recentemente la fortuna mi ha messo in contatto con James Green [curatore del nuovo catalogo Hess, tradotto in Italia da Zecchini], attraverso il comune amico Dominique Prévot, presidente dell’Association Beethoven France, che ha portato nel 2008 alla costituzione dell’International Beethoven Project (IBP). Il Beethoven Project Trio (con Sang Mee Lee al violino e Wendy Warner al violoncello) ha organizzato una serie di concerti culminati nell’esecuzione dei Trii Hess 47, Anhang 3 e op. 63 all’Alice Tully Hall del Lincoln Center di NY, incisi per Cedille Records. Lo scopo del progetto era raggiunto, ora bisognava portarlo nel futuro. L’attenzione ottenuta da parte del pubblico e da parte della stampa mi ha indotto a ideare un festival che rispecchiasse la mia visione delle arti nel ventunesimo secolo: l’IBP è stato il veicolo per crearlo, Beethoven l’ispirazione.

Come ti è venuta la pazza idea di mettere insieme musica, arte figurativa, danza, un reading, una tavola rotonda, una grande accademia e un concerto rock, in cinque giorni?

La pazza idea è nata perché volevo creare un tipo di esperienza per il pubblico che io stesso desideravo: un’atmosfera in cui si ascolta e si fa musica, circondati da una meravigliosa creatività e da persone di talento. Volevo una versione contemporanea del salon privato del diciottesimo e diciannovesimo secolo. Bisognava immaginare un modo per trasformare l’idea in grande adattandola a un festival pubblico.

Immortal Beloved, Rachel Monosov per Catinca Tabacaru

Quali sono i goal di quest’edizione?

Il più grande successo è stato trasformare il sogno in realtà: tante persone entusiaste si sono sentite ispirate dalla musica e dal luogo. Vorrei continuare a tenere strettamente saldata l’esperienza umana alla musica e all’arte, perché tutti siano consapevoli del processo creativo. La sfida per il futuro è tenere in equilibrio il successo e la necessità di avere spazi più ampi, restando sempre fedeli al nostro spirito e al bisogno vitale di avere un contatto diretto con chi ci sta di fronte.

Una curiosità: come sei riuscito a mettere insieme tante persone per lavorare all’idea?

Conosco la maggior parte di loro da qualche mese: abbiamo scoperto di condividere una certa visione dell’arte e ci siamo dedicati anima e corpo. Ho incontrato Catinca Tabacaru, responsabile della sezione arte e film, attraverso i comuni amici Mike Cahill (film maker) e Rachel Monosov (l’artista talentuosa che ha presentato la sua Amata immortale, nella foto sopra): quando ho capito che l’arte visiva sarebbe stata una parte importante del festival e lei ha accettato sapevo che il suo lavoro sarebbe stato un valore aggiunto al progetto. Molly Feingold, Director of Production, l’ho incontrata a giugno a un evento sponsorizzato dagli High Concept Laboratories, partner anche del festival. Aurélien Pederzoli, uno dei nostri violinisti più dotati, e David Moss, la nostra viola di punta, mi hanno aiutato nella programmazione e nel selezionare i musicisti. Sono amico da un paio d’anni di Robert McConnell, direttore musicale, Mischa Zupko, responsabile di Beethoven Today e Katherine Lee, cui fa capo la sezione educativa.

In Italia c’è preoccupazione riguardo agli sponsor, difficili da trovare. Com’è possibile organizzare un festival basandosi solo su quelli privati?

Trovare sponsor è una delle maggiori difficoltà di qualsiasi progetto creativo. Abbiamo fatto affidamento su donatori privati e sulla vendita di biglietti. La nostra squadra di supporters è cresciuta in questi quattro anni: hanno valutato il lavoro fatto e deciso di credere in noi. Tuttavia, la prima edizione è stata fatta con piccole cifre.

Cosa ci puoi dire dell’edizione 2012?

La scorsa edizione è stata incentrata sul tema Beethoven come uomo e come Musa; del prossimo tema verrà dato l’annuncio sul sito il 16 dicembre, giorno del compleanno di Beethoven. La rassegna avrà luogo in uno spazio più grande, più centrale, a Chicago. Ci piacerebbe molto portare questo festival in giro per il mondo, ma lo potremmo fare soltanto cercando un partner locale o appoggiandoci a un festival già esistente che voglia collaborare con noi. Se un’opportunità di collaborazione artistica verrà fuori, salteremo su quel treno!

Scritto per Sipario, n. 741.

International Beethoven Festival a Chicago: un Beethoven multiplo

È completamente diverso da qualsiasi altro, questo primo Beethoven Festival (14/18 settembre 2011), nato da una costola dell’International Beethoven Project. Innanzitutto, la pazza idea: mettere insieme la musica, l’arte figurativa, il video, una masterclass, una tavola rotonda sull’iconografia e pure un assaggio di balletto dedicando 5 giorni e 5 notti non-stop a Beethoven. Come? Commissionando un ritratto beethoveniano (foto, olii su tela, disegni, etc) e dei brevi film ad artisti contemporanei e lasciandoli semplicemente sbizzarrire.

Il versante musicale è, se possibile, ancora meglio: focus su generi specifici (la sonata per pianoforte, la trascrizione, la musica orchestrale) e ogni sorta d’inimmaginabile primizia. Qualche esempio: il Quartetto con pianoforte WoO 36 n. 3, la “Kreutzer” prima nella versione classica, poi trascritta per Quintetto d’archi, i Preludi per pianoforte in tutte le tonalità, la Grande Fuga per pianoforte a quattro mani. Dove altro mai, se non a Chicago, si può avere l’occasione di sentire una dopo l’altra tutte queste rarità?

Ma, come se non bastasse, oltre a Beethoven, una notte è stata dedicata a 13 nuovi modi di guardare alle Variazioni Goldberg, una giornata al “Beethoven Today” (musica contemporanea) e ha infine chiuso il festival il geniale progetto di Mischa Zupko che ha commissionato a 20 musicisti americani emergenti dei brani pianistici ispirati dall’Inno alla gioia. In mezzo a tutto ciò, anche una Grande Accademia alla maniera ottocentesca. E, giusto per non farsi mancare niente è arrivato pure l’erede del Principe Galitzine (sì, quello dei Quartetti).

Il festival ha avuto luogo in una location assolutamente cool, alla periferia della città in un edificio ex industriale, oggi Chicago Urban Art Society. Senza dress code, e senza le sciocchezze dell’antiquato rito della sala da concerto, stappata la tua birra ti potevi sedere su una comoda poltrona o su un cuscino e… enjoy! Sponsor privati e generosi donors, hanno reso possibile il sogno di George Lepauw, che non solo è un dotatissimo pianista che ha suonato tutti i giorni con incredibile entusiasmo, ma anche un valido organizzatore, aiutato da un formidabile staff: Molly Feingold, Catinca Tabacaru per l’arte, Krista Johnson e il direttore musicale Robert McConnell. C’è da sperare che un festival così innovativo possa sbarcare in Europa.

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