Anselma Dell’Olio sullo schermo a colloquio con lo spirito di Federico Fellini

Immediatamente dopo aver visto Fellini degli spiriti, film corale che racconta il regista attraverso chi l’ha conosciuto e per mezzo dei suoi visionari disegni e film, ho telefonato a Selma (detta Anselma) Jean Dell’Olio.

È stato come se l’avessi conosciuta da sempre. Non capita tanto spesso.

Fellini degli spiriti, il documentario su Raiplay

Anselma: Allora, Benedetta, che ti è parso del film?

Benedetta: Magnifico e, nel complesso, una esperienza po’ surreale. Nello spirito di Fellini! Mi ha chiamata qualche giorno prima un amico dicendomi: “Vai assolutamente a vedere questo titolo” senza spiegarmene il motivo. Ho scoperto sullo schermo di conoscere 1/3 delle persone che hai intervistato! Strana esperienza anche perché è stato il primo film che ho visto post (prima) pandemia in un cinema al chiuso. Quand’ero ragazzina e Fellini era morto da poco (Roma, 31 ottobre 1993) si parlava moltissimo di lui alla televisione, sui giornali… Il suo cinema mi stupiva… e affascinava. Di recente, complice il confinamento a cui il Covid ci ha costretti ci ho ripensato meglio… Fellini torna e ritorna nella mia vita da spettatrice. E ora eccomi qui a parlare con te… come nasce questo lavoro?

A.  Ho iniziato a raccogliere materiale su questo documentario prima coil proposito di vederli e rivederli tutti i suoi film: ventitré e “mezzo” (NdA: Alberto Lattuada co-diresse Luci del varietà)! Non sapevo ancora di quali film avrei avuto i diritti: una questione tecnica abbastanza complicata (è stato doloroso, ad esempio, dover rinunciare ad alcuni… ma va bene così, resterebbero altri dieci film da fare su Fellini)… e comunque i suoi lavori, al di là dei diritti concessi o meno, li avrei di certo rivisti tutti, non si finisce mai di scoprirne i tesori… I film di Federico sono stratificati, profondi. Ogni volta ci trovi qualcosa di nuovo.

B. Dai credits mi era parso di capire che anche questo aspetto avesse richiesto un particolare impegno…

A. I diritti internazionali sono complicatissimi. Interi continenti pongono difficoltà, ad esempio quelli de il Bidone mi hanno dato parecchio filo da torcere… la Rai, come sai, ha coprodotto il film, e se non ci sono tutti i diritti di tutti i paesi, non lo possono accettare. Per ogni paese va fatto un discorso a sé… Qui ho avuto il sostegno della Mad Entertainment di Napoli (Luciano Stella e Maria Carolina Terzi). Maria Carolina è colei che ha seguito più da vicino il mio film e che ha dovuto sostenere la rogna infinita di inseguire gli aventi diritto.

Credit: Ronald Grant / Federico Fellini e Giulietta Masina

(Immaginate qui i rumori di fondo interrompere il flusso del discorso: la supera un trattore, mentre Anselma sta camminando in campagna e parlandomi al cellulare)…
Comunque: non esiste un film di Federico meno valido dell’altro, nemmeno uno, anche quelli che al momento della prima visione m’avevano lasciata perplessa.

B. Tipo?

A. Tipo Giulietta degli spiriti o La voce della luna… ero troppo giovane.  Ti devo dire la verità, alcuni non li avevo capiti. E non sono l’unica, nemmeno tra i cosiddetti “specialisti”.

B. Ho rivisto alcune opere di Fellini insieme (ma a distanza) al mio amico Leonardo Vilei, poeta e giornalista. Leonardo mi parlava della visionarietà de La voce della luna e dell’inquietante profezia su Silvio Berlusconi, invitandomi a guardarlo con occhi nuovi. E io gli raccontavo della profonda tragicità del Casanova

A. Strano e non facile, Casanova, un capolavoro assoluto. Un film molto drammatico. Lo sai bene, ogni artista mette se stesso sullo schermo. Questo è l’arte. Tutto viene filtrato attraverso la sensibilità dell’artista, quindi lui o lei mettono se stessi nella loro arte, nella loro interpretazione del mondo. E quindi è un film profondo e sconvolgente allo stesso tempo, parla anche – anzi, sempre – di sé Fellini… La voce della luna è stato un film incompreso da quasi tutti all’epoca. Invece è il maestoso addio – o meglio “arrivederci” – di Federico.

B. Inquietante lo è anche a livello musicale. Se si ascolta la colonna sonora (già solo per la scelta della glass harmonica e dell’arpa, il canto ossessionante dell’automa) si capisce perfettamente che è tagliata su misura per un personaggio drammatico (drammatico come Don Giovanni)… e s’intuirebbe assai del film, senza ascoltare nemmeno un dialogo o vedere un’immagine… (Sul Casanova leggi anche Gabriele Gimmelli su Doppio zero).

A. La musica è – in effetti – assolutamente sconvolgente. Musica che Federico poteva ascoltare solo per lavoro…

B. E poi c’è quell’oboista misterioso de La voce della luna che dice: “è proprio da quelle pause e da quegli intervalli che entrano i fantasmi!”…

quella scena celebre che hai voluto inserire anche nel tuo film (da 4’14”).

La musica mi turba, preferisco non sentirla, è una specie di invasione, di possessione, qualche cosa che entra dentro di me e mi assorbe e mi prende completamente.

Federico Fellini

A. Eppure, lo capisco. Coglie davvero il punto! Ti racconto una cosa: ci incontrammo ai tempi di Ginger e Fred. Abbiamo iniziato a lavorare assieme e poi, per la prima volta, siamo andati a pranzo. Da sempre odio la musica nei ristoranti, negli ascensori, insomma la musica d’ambiente.

B. Che fastidio!

A. Allora: la prima cosa che fece Fellini, a quel tempo, fu quella di andare dal proprietario e dirgli: “Avete un così bel ristorante, perché volete rovinarlo con questa musica da falegnameria?”. Ed è così che mi sono innamorata.

La musica sempre t’impone un mood che non sempre vuoi.

“La musica – come dice l’oboista Sim – fa di te quel ciò che vuole: come puoi difenderti da qualcosa che promette, promette, e non mantiene mai, mai?”

B. Difficile difendersi dalla musica. L’udito è un senso delicato, molto esposto. Puoi chiuderti gli occhi e la bocca, tapparti il naso, ma le orecchie? Si ha bisogno dei tappi…

A. E neanche con quelli si attutisce del tutto. Quella fu una convalida: non avevo trovato nessuno prima di allora che avesse questa sensibilità alla musica identica alla mia, mi sembrava non ci fosse nessuno d’accordo con questo sentire. Ma è anche rispetto per la cosa in sé: Fellini diceva che la musica è umana, ma anche sovrumana.

E’ la più misteriosa delle arti. Non la si deve, non la si può sprecare.

B. Per alcuni è la chiave per accedere a un mondo spirituale, oltremondano…

A. È esattamente questo. Fellini spesso rifletteva: “Non capisco le persone che non s’interrogano sul mistero. Come si fa?” La vita ne è piena. Sono diversi quelli che non hanno a che fare col mistero: ognuno a suo modo. Gli atei, i positivisti, i nichilisti, soprattutto tra gli intellettuali. “Come ti poni di fronte al mistero?” era forse la sua domanda più frequente. E gli altri, tacevano. Non avevano risposte. Erano solo in grave imbarazzo.

B. Ho avuto l’impressione, quando l’ho visto nel tuo film affianco al pianoforte di Rota, che Fellini gli avesse appaltato una parte della sua creatività…

A. Mmm…. non era proprio così. C’era un rapporto tra i due assolutamente speciale. Mistico, direi. Karmico. Per me si sono conosciuti in un’altra vita. Come sostiene (Gianfranco) Angelucci nel film, Rota non era solo la sua “anima musicale”, un fatto abbastanza semplice. Era colui che traduceva in un altro linguaggio il suo linguaggio visivo. Fellini diceva: “Capisco i miei film quando ascolto la musica di Rota”. Sai che faceva, di preciso, Nino Rota?

B. No!

A. Il compositore di solito è chiamato a vedere le “giornaliere”, prima ancora del montaggio, per captare il mood. Ora, quando Fellini faceva vedere a Rota il girato, appena si spegneva la luce, Rota si addormentava. Appena finito, si svegliava, andava al pianoforte e componeva…

Sembrava entrasse in trance. Era un rapporto molto particolare: “iconic” come dice (Damien) Chazelle nel mio film. Era tutto, a ben pensarci, molto particolare con Fellini… non c’era niente di normale, di ordinario.

B. Lo si capisce dalle parole di chi hai intervistato nel tuo film. Sono stati/e ben selezionati, ognuno/a ha sua una precisa individualità. Come li hai scelti/e?

A. Quando lavoravo con lui, i più intimi li ho conosciuti bene e siamo rimasti amici, soprattutto con Fiammetta (Profili) e Filippo (Ascione). Con Leonetta (Bentivoglio) ci siamo conosciute all’epoca e poi perse un po’ di vista; ma certo l’ho chiamata per il rapporto profondo che sapevo aveva avuto con Federico. Me lo sentivo che prima o poi sarebbe tornata, sai come sono queste cose a volte… poi c’è il gruppo degli esperti e degli studiosi, come Andrea Minuz, Gian Luca Farinelli, Philippe Le Guay, il regista de Le donne del sesto piano, lui ha insistito perché intervistassi Aldo Tassone, che aveva appena pubblicato Fellini 23 1/2. Tutti i film (Cineteca di Bologna).

Ho intervistato 35 persone, 25 sono nel film.

B. Ecco, proprio questa pluralità fa del film un lavoro corale. Come attraverso un caleidoscopio lo spettatore può vedere il soggetto attraverso lo sguardo di ognuno degli intervistati…

A. Io non facevo domande “normali”… li dovevo stimolare a pensieri e ricordi altri…di norma sfuggenti ai più.

B. Ed è giusto che sia così. Perché far domande normali sui film di Fellini?

A. Ho fatto molte interviste, e spesso molto lunghe, per scavare in chi avevo di fronte. Quando Proietti ha finito la sua, alla fine ha detto (imita il suo romanesco): “Me sembra d’aver scritto un saggio” (ride)… sai com’è lui, molto simpatico. Icastico.

B. Ho visto proprio di recente, grazie a una segnalazione del compositore Mario Totaro, un documentario sulla sonorizzazione di Casanova

E poi c’è tutta la storia di Rol… ognuno conosce il rapporto di Fellini con lui, ma tu hai saputo scavare a lungo, porre le domande giuste…

A. Rol si è preso un po’ la scena, ho così dovuto tagliare almeno venti minuti di girato e, alla fine, ci ho riflettuto e mi son detta c’è molto materiale magnifico. Lo userò…

B. Cosa succederà ora a Fellini degli spiriti che doveva andare a Cannes (il festival però nel 2020 non è stato programmato)? Il cinema ha ancora difficoltà a reingranare dopo la pandemia…

A. Per un accordo ad hoc di tutti i festival di cinema, si vedrà in parecchi altri. Recentemente è già stato programmato a Bologna da Gianluca Farinelli per il festival “Il cinema ritrovato”. Normalmente all’uscita di un film segue un periodo di viaggi per presentarlo in giro per il mondo. Fellini degli spiriti approderà quindi a Lione dal 10 al 18 ottobre al Festival Lumière di cinema classico 2020 insieme con tutta la Selezione Ufficiale di Cannes Classiques. E’ diretto, il Lumière, da Thierry Frémaux, lo stesso direttore artistico del Festival di Cannes.

B. In bocca al lupo!

S. Crepi!

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