I “nuovi” scritti del compositore Alfredo Casella

  • Strawinski (un compositore scrive di un altro compositore)

a cura di Benedetta Saglietti e Giangiorgio Satragni, prefazione di Quirino Principe (Castelvecchi editore 2016)

Lo Strawinski di Alfredo Casella, che scriveva così il nome dell’ammirato collega, fu il primo libro in assoluto sul compositore russo: uscì in forma sintetica nel 1926, fu poi interamente rielaborato, ampliato e finito nel 1946. Edito nel 1947 dopo la scomparsa di Casella, ma con Igor’ Stravinskij ancora in attività, il testo passa in rassegna con mirabile sintesi ognuno dei lavori che Stravinskij aveva fino ad allora composto, attraverso la penna di un Casella scaltro nell’evidenziarne con limpidezza i caratteri basilari.

In queste pagine appassionate è rappresentata la visione di un musicista attraverso gli occhi di un altro musicista: Casella conobbe personalmente Stravinskij, ma ciò non impedì un’indipendenza di giudizio che gli fece riscontrare anche nei lavori più avanzati tracce di strutture classiche, secondo un’estetica tipicamente caselliana.

a cura di Cesare De Marchi, postfazione di Giovanni Gavazzeni (il Saggiatore 2016)

Compositore, musicista e uomo d’azione, Casella è stato un artista eclettico, impegnato non solo nella teorizzazione e nell’esecuzione della musica, ma anche nella sua rifondazione; ha misurato le temperature culturali europee, instaurando profondi rapporti di stima e amicizia con alcuni dei protagonisti del Novecento, come Schönberg e Stravinskij; ha militato con passione sul territorio italiano, fondando insieme a Gian Francesco Malipiero e Gabriele D’Annunzio la “Corporazione delle nuove musiche”, e dando alla luce opere come La giara e La favola di Orfeo.
Nei Segreti della giara Casella intreccia la biografia familiare con quella intellettuale – in un percorso straordinario che parte da Torino, città della sua infanzia, e arriva prima a Parigi e poi a Roma –, e racconta se stesso «senza alterazioni e senza attenuazioni», senza tacere nessuna verità, rivolgendosi direttamente ai suoi contemporanei – figli di un tempo impervio –, e a noi, eredi della loro storia. Amici e nemici, maestri e discepoli: tutti vengono chiamati in causa in questa autobiografia che diviene, nel suo farsi, diario intimo e cronaca, manifesto e saggio universale.

a cura di Francesco Lombardi (EDT 2014)

Gli articoli scritti fra il 1925 e il 1946 per il quotidiano di Boston «The Christian Science Monitor» sono ampie cronache, che si distendono su un periodo quasi del tutto coincidente con il ventennio fascista e i suoi tragici esiti. Sono affrontati tutti gli aspetti principali della vita musicale italiana del tempo, con frequenti digressioni sul dibattito estetico che animava le avanguardie europee. Il volume include anche un lungo reportage in sei parti dedicato alla vita musicale americana, frutto di dieci anni di assidue tournée di Casella negli Stati Uniti, e pubblicato originariamente nel 1929 sulla rivista «L’Italia letteraria».

All’opera in libreria

Opera 2012. Annuario EDT-CIDIM dell’opera lirica in Italia, Torino 2012, EDT, pp. 381, € 45

Fedele d’Amico, Forma divina. Saggi sull’opera lirica e sul balletto, vol. I Settecento e Ottocento, pp. 312;

vol. II, Novecento e balletti, a cura di Nicola Badolato e Lorenzo Bianconi, prefazione di Giorgio Pestelli, pp. 578, Firenze 2012, Leo S. Olschki Editore, € 54

Paolo Gallarati, Trent’anni all’Opera (1978-2010), Firenze 2012, Le Lettere, pp. 341, € 32

Andrea Fabiano e Michel Noiray, L’opera italiana in Francia nel Settecento. Il viaggio di un’idea di teatro, Torino 2013, EDT, pp. 118, €12,50

Gastón Fournier-Facio e Alessandro Gamba, L’inizio e la fine del mondo. Nuova guida al Ring di Richard Wagner, Milano 2013, il Saggiatore, pp. 567, € 35

Marina Mayrhofer, Di specie magica. Drammaturgia musicale tedesca dell’Ottocento, Roma 2012, Aracne, pp. 237, € 14 (indice)

Gerardo Tocchini, La politica della rappresentazione. Comunicazione sociale e consumo culturale nella Francia di antico regime (1669-1781), Torino 2012, Stampatori, pp. 346, € 19

Claudio Toscani, «D’amore al dolce impero». Studi sul teatro musicale italiano del primo Ottocento, Lucca 2012, LIM, pp. 312, € 40

Alberto Zedda, Divagazioni rossiniane, Milano 2012, Casa Ricordi, pp. 196, € 18

Valido strumento di consultazione per gli addetti ai lavori, l’annuario dell’opera lirica in Italia EDT/CIDIM giunge alla ventiseiesima edizione. Allinea la quasi totalità delle stagioni liriche 2011-2012, esclusi balletti e operette, con ogni dato relativo a budget, incassi e sponsor, presenze, cast, allestimento, numero, data e sedi di rappresentazione.  Da Ancona a Viterbo, si annoverano settanta fra teatri, fondazioni, festival e associazioni musicali italiane. Corredano il volume gli indici delle prime assolute, delle prime esecuzioni moderne e delle prime rappresentazioni italiane ed europee.

Strumento per leggere l’opera, osservata dal punto di vista del critico, sono le recensioni di Paolo Gallarati, selezionate per tenere memoria di alcuni spettacoli significativi. Scritte durante un trentennio per La Stampa – quotidiano che offre on-line il più completo archivio storico di articoli dalla fondazione, 1867, a oggi -, la raccolta è ordinata a seconda del periodo di composizione dell’opera recensita (dal Seicento al Novecento, con alcuni esempi di teatro musicale contemporaneo) e s’arresta al 2010. Troviamo un cenno agli inizi della critica musicale, ci s’interroga su croci e delizie di quest’attività, tesa verso un «utopico equilibrio tra cronaca e storia, impressioni e riflessione estetica». Trent’anni di opere: numericamente rilevanti sono le recensioni dedicate a Rossini, e all’attività del festival di Pesaro, seguito da Mozart e Verdi.

Il “taccuino di studio e di passione” di Alberto Zedda prende avvio dalla prima, rocambolesca edizione critica del Barbiere (1969-20092), nata in seno a una tournée americana del direttore d’orchestra. È una «simbiosi di arte e di vita», narrata con gusto e piena di colpi di scena che va dalla preistoria della filologia a oggi. Non c’è aspetto di e intorno a Rossini e alla sua opera che in queste Divagazioni rossiniane non abbia una parte, distillata attraverso l’esperienza e la viva, appassionata voce di Zedda. Non è solo una raccolta di riflessioni personali, ma un testimone col quale l’autore passa ciò che ha imparato, o meglio ciò che Rossini, presenza percepibile e viva, gli ha insegnato.

Completamento ideale di Tutte le cronache musicali: L’Espresso 1967-1989 (Bulzoni, 2000, 3 voll.) Olschki dà alle stampe Forma divina con il sostegno della Fondazione Spinola Banna per l’arte (prossima a ricevere il Leone d’argento): due pregiati volumi, dal punto di vista editoriale e contenutistico, che racchiudono un’ampia selezione, ottanta per l’esattezza, di programmi di sala per opere e balletti, scritti da Fedele d’Amico tra il 1950 e il 1988, in maggior parte per l’Opera di Roma e la Scala. Un vademecum, concepito in origine come guida per assistere a uno spettacolo teatrale, che oggi ridiventa occasione di approfondimento. D’Amico traccia due secoli di storia dell’opera: il primo tomo è dedicato a Sette e Ottocento, con una prevalenza di opera italiana, il secondo al Novecento e, in misura minore, ai balletti. Le opere sono celebri, ma l’acuto osservatore ha qualcosa da insegnare anche al melomane più esperto, e lo fa con una prosa elegante.

Più ristretto l’ambito cronologico dell’argomento affrontato da Claudio Toscani, il teatro musicale italiano del primo Ottocento (così recita il sottotitolo), anche se in verità giunge fino alla morte di Verdi, tracciando la storia dei cori verdiani nell’Italia del Risorgimento; Mayr, Donizetti e Bellini sono i protagonisti degli altri contributi. Ghiotto è il saggio con tedesco a fronte sul gergo teatrale italiano nel primo Ottocento (intitolato Broccoli, arrosto e brodo lungo) visto attraverso le lenti dell’«Allgemeine musikalische Zeitung». Diversi sono i temi: le influenze francesi nelle opere di Mayr e Paer, i percorsi “esotici” dell’opera italiana del periodo, la compatibilità dei sistemi metrico-melodici italiano/francese vista attraverso la traduzione delle Vêpres siciliennes, e infine le note a margine dell’edizione critica de I Capuleti e i Montecchi.

Sul versante francese l’opera è indagata attraverso lo studio dei consumi e delle pratiche culturali dallo storico Gerardo Tocchini. Nella Francia di antico regime essa è esibizione del potere e riaffermazione delle linee di assetto dominanti nella società (si leggano in particolare le disamine del répertoire royal, replicabile all’infinito, e sul suo declino; il paragrafo dedicato alla trasformazione dell’Opéra da luogo del consenso a roccaforte del conformismo regio). L’opera è considerata dall’autore prima di tutto come strumento della comunicazione sociale e oggetto della politica. Gli aspetti materiali (“nuovi generi lirici e consumi del pubblico di città”; “mantenere una ballerina all’Opéra”) sono centrali, poiché l’oggetto musicale è per l’autore «un mezzo per cercare di comprendere e dare un volto alla domanda culturale degli uomini di antico regime». Di taglio estetico Il viaggio di un’idea di teatro di Fabiano e Noiray illustra la lenta uscita dalla semiclandestinità dell’opera italiana in Francia qualche tempo dopo la morte di Lully fino all’inaugurazione del Théâtre de Monsieur, teatro d’opera italiana (1791). Aspetti specifici presi in esame sono la nascita della “comédie mêlée d’ariettes” (1752-1757), il ruolo degli italiani all’Académie royale de musique (1754-1789), l’opera buffa a Parigi nel periodo pre-rivoluzionario.

In ambito tedesco Marina Mayrhofer discute la magia quale componente drammaturgica partendo dal Singspiel Undine di E.T.A. Hoffmann (1816), anche inteso quale anticipazione degli esiti cui pervenne Wagner con L’Olandese volante e il Lohengrin, e ne Il franco cacciatore di Weber (1821): pur nelle diverse ambientazioni l’autrice ravvisa in queste opere il ricorso alla magia per scatenare incubi e ansie inconfessate, in particolare attraverso l’uso del canto popolare (romanza, ballata, Lied per voce sola). L’oratorio Das Paradies und die Peri di Schumann (1843) e l’opera Königskinder di Humperdinck (1897) occupano la seconda parte del volume. Buona bibliografia sintetica a fondo volume, la cura redazionale del testo è tuttavia ampiamente perfettibile.

Una nuova guida al Ring mancava. Agile, nonostante le quasi seicento pagine, concepita da Gastón Fournier-Facio e Alessandro Gamba, essa è stata data alle stampe prima dell’arrivo della Tetralogia alla Scala diretta da Barenboim. Comprende soggetti, libretti con originale a fronte nella nuova traduzione di Franco Serpa, fonti filosofiche ispiratrici di Wagner (una sezione inframmezzata alla sintesi dell’opera, la cui idea è di Gamba), bibliografia ragionata in appendice, che avrebbe potuto essere divisa tra testi specialistici e non. L’inserimento del Qrcode permette di ascoltare in streaming l’edizione incisa da Marek Janowski nel 1980-1983 con la Staatskapelle di Dresda, disponibile in mp3 anche sulla pagina web de il Saggiatore. Nonostante la collana Opere e libri non lo preveda, sarebbe auspicabile l’uscita in formato e-book.

Il Giornale della Musica, 308, novembre 2013, p. 22

Viste sul pianoforte: Ciccolini, Schiff, Isacoff

Aldo Ciccolini, R.I.P. 1° febbraio 2015
Aldo Ciccolini

Dario Candela, Conversazioni con Aldo Ciccolini, Milano, Edizioni Curci 2012, pp. 192, € 17

schiff

Andràs Schiff, Le Sonate per pianoforte di Beethoven e il loro significato. Conversazioni con Martin Meyer, pref. M. Ladenburger, trad. it. C. Parvopassu, Milano, il Saggiatore 2012, pp. 152, € 15

pianoforte

Stuart Isacoff, Storia naturale del pianoforte. Lo strumento, la musica, i musicisti: da Mozart al jazz, e oltre, trad. di M. Bertoli, Torino, EDT 2012, pp. 360, € 22

Dario Candela, allievo di Aldo Ciccolini, ha composto una biografia sul maestro in forma di conversazione, senza toni agiografici. Non potrebbe essere diversamente. Chi conosce Ciccolini, anche solo di fama, sa quanto poco si atteggi a divo del pianoforte: alieno dai compromessi, si legga ad esempio il motivo della sua fuga in Francia nel 1949. Maestro e allievo affrontano i temi più diversi molto liberamente. Ridotto a una massima: Ciccolini consiglia di suonare con amore e umiltà. Ultimo di una serie di profili del pianista (scritti da Jean Jacques Lafaye, Roberto Piana, Riccardo Risalti, Sergio Della Mura), questo libro contiene un’appendice sullo studio del pianoforte, con dovizia di esempi.

È un dialogo tra Martin Meyer e András Schiff anche l’ultimo testo sulle Sonate per pianoforte di Beethoven, nato in occasione del ciclo di 32 Sonate eseguite da Schiff prima al Beethoven-Haus e attualmente alla Società del Quartetto di Milano (2012-2014). L’integrale «resta per ogni interprete una montagna senza certezze definitive», ed evita anche di creare nel pubblico quelle impressioni generiche e parziali conseguenza dell’ascolto limitato alle Sonate più famose. Il pianista desidera coinvolgere i suoi ascoltatori e va detto che l’esposizione dialogata rende assai godibile questo volume tradotto da Clelia Parvopassu (maggiormente accessibile rispetto ai testi da consultazione di Donald Tovey o Gaspare Scuderi, oppure quello più recente di Charles Rosen, rivolto agli specialisti). Più che un’introduzione alle Sonate per neofiti è invece un’opportunità per riascoltarle e per ripensarci, avendo come guida un interprete dall’eloquio chiaro e un interlocutore colto e curioso che pone domande molto precise. Giustamente Michael Ladenburger inserisce questo volume tra le riflessioni di interpreti beethoveniani, come Edwin Fischer (Roma, A. De Santis 1958) o Alfred Brendel.

Stuart Isacoff collega le innovazioni tecniche conosciute dal pianoforte alla diffusione che ebbe presso tutte le classi sociali, tanto da divenire un autentico simbolo. Un successo che decretò l’ampliamento del repertorio e la nascita di nuove professioni. La storia del pianoforte è narrata qui anche tramite i suoi interpreti, da Mozart a Lang Lang, in prospettiva diacronica e andando oltre il genere musicale. L’autore, noto per lo stile eccentrico, procede per illuminazioni, accostamenti imprevedibili, insomma quanto di più lontano possa dal didascalico. Ad esempio: i pianisti sono ripartiti fra “combustibili” (artisti la cui musica riecheggia le mutevoli maree della vita tipo Jerry Lee Lewis), “alchimisti” (ci portano nell’empireo, Debussy), “ritmizzatori” (Art Tatum), “melodisti” (da Schubert a Nat “King” Cole), cioè in base alle loro peculiarità timbrico/tecniche. Una lettura vitaminica.

Il Giornale della Musica, 306, settembre 2013, p. 23

Tutte le opere di Verdi raccontate da Guido Paduano

verdi paduano edt

Guido Paduano, TuttoVerdi. Programma di sala.

Torino, EDT 2013, pp. 192, € 12,50.

Per ricordare il centenario della nascita EDT manda in stampa TuttoVerdi, Programma di sala di Guido Paduano. Il soggetto è il “macrotesto” di ogni singola opera verdiana, vale a dire le connessioni intertestuali tra musica e libretto.

Nel prendere in esame le opere di Verdi, ognuna nella propria autonomia, Paduano chiarisce in modo mirabile il sistema di rispondenze reciproche. Ne abbiamo parlato con l’autore.

Risulterebbe impropria, o quantomeno manchevole, una valutazione dei soli libretti così come un’analisi musicale monca della sua controparte testuale.

Il rapporto con le fonti è centrale. È importante la rivalutazione della dignità del libretto, cominciata da qualche tempo con Luigi Baldacci e Mario Lavagetto, ma è da tener a mente che è sempre il discorso musicale ad assumersene la responsabilità espressiva, a imprimere una direzione. La musica operistica è quella che, nelle parole di Verdi: «scolpisce e rende netta ed evidente la situazione». L’anima del mio lavoro è questa “situazione”, non solo la musica né soltanto le parole, ma il teatro.

Come inquadrare il melodramma verdiano?

Il melodramma va considerato nel contesto della storia della cultura europea. È importante la relazione con i suoi assi portanti: un esempio è la lettura che Verdi fa di Shakespeare. Dall’altro lato le “situazioni”, cui accennavo prima, rispecchiano momenti fondamentali sia della vita dei singoli sia della vita associata, o talvolta il contrasto fra le due, come nel caso esemplare de I Vespri siciliani.

Perché un sottotitolo al singolare?

Programma di sala indica l’organicità dell’opera di Verdi, concepita come un unico grande discorso.

Che tipo di lettura suggerisce?

Mi auguro che TuttoVerdi possa essere per il lettore un vademecum da portar con sé a teatro.

Il Giornale della Musica, 301, marzo 2013, p. 21.

Charles Rosen, Le forme sonata

9788860406682Charles Rosen, Le forme sonata,

Torino, EDT 2011 (ed. orig. 19882),

trad. it. R. Bianchini – E.M. Ferrando, pp. 450, € 25

Mancava in Italia l’edizione del classico Le forme sonata ampliata e riveduta dall’autore.

Il concetto di forma-sonata, nato tra il 1826 e il 1848, era una «generalizzazione delle prassi compositive beethoveniane anteriori al 1812» con carattere normativo: indicava ai compositori principalmente l’ordine e il carattere dei temi.

I limiti del modello, non concepito per l’analisi, sono noti. Ma, poiché quella forma del tardo Settecento fu realizzata dai singoli compositori in modi così diversi che le deviazioni dalla norma minano il senso della norma stessa, Rosen non s’affida al numero e alla posizione dei temi, né alla struttura tematica, certamente importanti, ma per spiegarla ricorre alla funzione degli elementi musicali.

Per Rosen l’evoluzione delle forme sonata non è quella «di un singolo modello binario in una singola forma» (e di qui il titolo al plurale), ma una tecnica che ha creato «un tessuto nuovo e una nuova articolazione» in forme musicali come l’ouverture, il concerto, il rondò, il minuetto e l’aria, le quali si sono evolute parallelamente. Oltre agli elementi costitutivi delle forme “classiche”, motivo e funzione, esposizione, sviluppo, ripresa, è qui aggiunto un capitolo sulle code. Mirabili i capitoli conclusivi “Beethoven e Schubert” e “dopo Beethoven”.

Il Giornale della Musica, 291, aprile 2012, p.  29