In questo periodo volo in media due volte al mese, di solito per lavoro, e anche se ho trascorso gran parte della vita ad avere paura degli aerei, ora li inseguo con la smania di un tossicodipendente. Se è da un po’ che non sono stato in aria, divento irrequieto, stizzoso, irragionevole, stanco – inutile come essere umano. L’inizio di un volo preannuncia l’azione di un gioco. La corsa è ombrosa e improbabile. Una massa di metallo carico, sferragliando lungo la pista, guadagna un improvviso scoppio di velocità e in un piccolo sussulto miracoloso perde il suo peso, si alza e si libra, inscenando attenti giri e coordinamenti via radio che evolvono verso l’assenza di sforzo. A terra, al momento dello sbarco, è di nuovo una carcassa di metallo; la metamorfosi si inverte. Una parte di me è sicura che morirò a ogni decollo, eppure ho bisogno di provare quel panico, quel sollevarsi da terra per non sentirmi perduto. Il volo è la…
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